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TSDR 5th Birthday - Contest di scrittura


  • Per cortesia connettiti per rispondere
18 risposte a questa discussione

#1 Guest_noyé _*

Guest_noyé _*
  • Ospiti

Inviato 18 September 2012 - 00:21

5bday


Contest di scrittura



Il tema, come vi è stato già anticipato, è il ricordo. Potete interpretare il tema come volete voi, data la sua vastità.
- Ricordate di elaborare uno scritto totalmente vostro, senza prendere ispirazione da modelli già esistenti, senza copiare i lavori di altri e senza spacciare i testi altrui come vostri.
- Non sono consentite fan fiction, ovvero storie i cui personaggi appartengano a fumetti, videogiochi, film e quant'altro.
- Il racconto dovrà essere autoconclusivo.
- Il numero massimo di parole dovrà essere di 3500. Potete rimanere sotto questo numero, ma cercate di non superarlo. Per il conteggio delle parole, usate questo sito.
- Il limite di tempo è una settimana: avrete tempo, quindi, fino a lunedì 24/09/2012.


Fail and face erasure.


Affilate le penne e buona fortuna a tutti!

Lista iscritti:
TheGossipGirlFan
lacrimiscoccinis

fugue
lilium
Tommy VIP'S
RoxasDestiny
Dream
pure white


Edited by ciel - 24/9/2012, 23:10



#2 Guest_Dreamer * _*

Guest_Dreamer * _*
  • Ospiti

Inviato 18 September 2012 - 01:25

1 settimana ? Ma c'è la scuola D=

Va bè ci riuscirò :sisi:
Mmm 2 domande : può essere di qualsiasi genere ?
Deve essere scritto a penna o al computer ? (ok , è scomtata ma nom si sa mai :emo: )

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"La vita del lusso è difficile, ma qualcuno deve pur farla!" Gossip Girl

"Era troppo per crederla vera;così complicata, immensa, insondabile.
E così bella, vista da lontano:
canyon d'ombra e di luce, scoppi di sole sulle facciate in cristallo,
e il crepuscolo rosa che incorona i grattacieli come ombre senza sfondo
drappeggiate su potenti abissi." New York *^*

Andiamo al cinema perchè vogliamo vedere le favole. Una regina addormentata, svegliata dal bacio del suo vero amore.
Amanti separati che tornano insieme. Purtroppo la vita non è una favola e il lieto fine è più unico che raro. Nella vita reale la regina diventa una tiranna, incita i suoi sudditi alla guerra. Ecco perchè abbiamo bisogno dei film. Per ricordarci che nonostante tutto, l'amore può sempre sbocciare nei posti più improbabili e che qualche volta anche le favole possono diventare realtà. -Gossip Girl.


I<3
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Questo è Gossip Girl
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Kingdom Hearts

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#3 Guest_ciel _*

Guest_ciel _*
  • Ospiti

Inviato 18 September 2012 - 02:00

CITAZIONE (TheGossipGirlFan @ 17/9/2012, 20:25) 
1 settimana ? Ma c'è la scuola D=

Va bè ci riuscirò :sisi:
Mmm 2 domande : può essere di qualsiasi genere ?
Deve essere scritto a penna o al computer ? (ok , è scomtata ma nom si sa mai :emo: )

1) Sì, può essere di qualsiasi genere, l'importante è che non sia un fandom.
2) Computer :emo: nel caso tu voglia prima scriverla e penna sei libero di farlo, l'importante è che poi lo ricopi al computer :emo!:



#4 Guest_dream´ _*

Guest_dream´ _*
  • Ospiti

Inviato 18 September 2012 - 02:08

Mi sgranchierò le ditina e proverò a buttar giù qualcosa...
Domani.

It all returns to nothing, it all comes
tumbling down, tumbling down,
tumbling down,
it all returns to nothing, I just keep
letting me down, letting me down,
letting me down.



#5 Guest_Dreamer * _*

Guest_Dreamer * _*
  • Ospiti

Inviato 18 September 2012 - 02:36

Ok , mi sta venendo tutto in mente *prende mucchi di fogli* ehm , coff coff . Preparatevi , non risparmierò nessuno v.v. Ciauzzzz =D

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"La vita del lusso è difficile, ma qualcuno deve pur farla!" Gossip Girl

"Era troppo per crederla vera;così complicata, immensa, insondabile.
E così bella, vista da lontano:
canyon d'ombra e di luce, scoppi di sole sulle facciate in cristallo,
e il crepuscolo rosa che incorona i grattacieli come ombre senza sfondo
drappeggiate su potenti abissi." New York *^*

Andiamo al cinema perchè vogliamo vedere le favole. Una regina addormentata, svegliata dal bacio del suo vero amore.
Amanti separati che tornano insieme. Purtroppo la vita non è una favola e il lieto fine è più unico che raro. Nella vita reale la regina diventa una tiranna, incita i suoi sudditi alla guerra. Ecco perchè abbiamo bisogno dei film. Per ricordarci che nonostante tutto, l'amore può sempre sbocciare nei posti più improbabili e che qualche volta anche le favole possono diventare realtà. -Gossip Girl.


I<3
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Questo è Gossip Girl
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Kingdom Hearts

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#6 Guest_noyé _*

Guest_noyé _*
  • Ospiti

Inviato 18 September 2012 - 22:42

No, il titolo non è obbligatorio anche se non sarebbe male metterlo. Comunque il titolo non influisce sulla valutazione.



#7 Guest_dream´ _*

Guest_dream´ _*
  • Ospiti

Inviato 18 September 2012 - 23:08

« Il ricordo rende immortali »
L'Uomo ha da sempre ritenuto importante che il mondo abbia di sè memoria, creando imponenti costruzioni e dipinti meravigliosi, cosicchè la gente, e il mondo intero, ne vedesse la gloria ormai passata, ma ancora udibile nello strepitio delle armi, che quasi aleggia come un'invisibile nebbiolina. Imprimere la propria immagine, quindi, non solo nella mente degli uomini, effimera e vittima della morte, ma anche sul viso della Terra, in modo tale che addirittura il mondo stesso abbia un ricordo, un ricordo immortale. E' questa la paura che tutti noi, in fondo, abbiamo. Sappiamo benissimo che una volta che abbandoneremo le nostre stanche membra, non ci sarà più ritorno. Non c'è divinità che tenga a questo punto, siamo destinati a scomparire e a non lasciare traccia, così: in un soffio. Perciò cerchiamo di lasciare le nostre memorie alle persone che ci stanno intorno, lasciandole in eredità alle generazioni future. Quante persone si sono succedute lungo l'inesorabile avanzata della Linea del Tempo? Quante hanno avuto la fortuna di aver accesso alla memoria della gente di oggi? Solo persone importanti o che si sono distinte nelle arti e nelle scienze... e le persone comuni, quelle che lottavano tutti i giorni per sopravvivere, quelle che vivevano una vita semplice, piegata dalle intemperie della vita e della società di quelle epoche lontane. Possiamo immaginare l'esistenza di un ragazzo, un povero ragazzo di umili origini che si sarebbe aspettato il Mondo, quello che si sarebbe aspettato che le generazioni a venire, quelle dopo di lui, si sarebbero ricordate di quel ragazzino, così innocente e volenteroso, un piccolo sognatore che si aspettava di rimanere impresso nella Memoria del Mondo.
A volte, mi sono chiesto anche io se la gente che mi sta intorno, come quella gentile ragazza che incontro sempre la mattina presto oppure quel gentilissimo signore della porta accanto, che m'ha sempre trattato coi guanti di velluto, si sarebbero ricordati di me, una volta lasciato questo meraviglioso mondo.


Edited by Dream‚ - 22/9/2012, 19:41

It all returns to nothing, it all comes
tumbling down, tumbling down,
tumbling down,
it all returns to nothing, I just keep
letting me down, letting me down,
letting me down.



#8 Guest_Prince† _*

Guest_Prince† _*
  • Ospiti

Inviato 21 September 2012 - 23:19

IL RICORDO VUOLE ESSERE CONSERVATO.
Un essere umano non può esistere senza dei ricordi. I ricordi riescono a creare delle emozioni che raramente riusciamo a descrivere,con i ricordi riusciamo a non dimenticare le persone care a noi che ci sono più ma sono sempre vive qui,nei nostri ricordi. Ma anche per non dimentare le vecchie amicizie,amori e conoscenze che il tempo non può cancellare. A volte può capitare,con la vecchiaia,di non ricordarsi più tanto bene come un tempo ma è solo un presentimento perchè anche se ci provi tu non dimenticherai veramente,rimarrà lì e nessuno la sposterà.
Un essere umano non può esistere senza dei ricordi
Un essere umano non può esistere senza che qualcuno non sappia della tua esistenza.

m9u1zx2


#9 Guest_Dreamer * _*

Guest_Dreamer * _*
  • Ospiti

Inviato 22 September 2012 - 17:50

Il Ricordo:Tormento e Conforto
Il ricordo , benchè lontano o vicino, bello o brutto , è l'unico strumento grazie al quale puoi fuggire dalla vita reale , da ciò che succede in quel preciso momento in cui decidi di essere presente in un luogo o in una situazione solo fisicamente e di entrare in quel meraviglioso, e a volte orribile , "Paradiso dell'Eden" dal quale non puoi essere cacciato e del quale solo tu hai le chiavi per aprirne il passaggio. Il nostro museo delle torture , che da un momento all'altro può cambiare a nostro piacimento e diventare un meraviglioso negozio di dolciumi , aperto 24 ore su 24 , dal quale puoi liberamente prendere tutto ciò che ti serve per essere di buon umore , senza dover pagare nulla e senza dover dare conto a nessuno di come ti comporti o di ciò che decidi di acquistare . Il tempio in cui puoi decidere di rievocare persone a te care o esperienze già passate che ti hanno lasciato un segno , bello o brutto che sia , dalle quali puoi capire quale sia la migliore scelta che tu possa fare , oppure decidere di cambiare totalmente le carte in tavola e di fare ciò che prima non hai avuto il coraggio di fare. Quel fantastico mondo senza tempo in cui puoi cambiare ciò che è successo e che ti ha fatto star male , anche solo per il tuo benessere personale , anche se ciò non cambierà quel che è successo realmente.
Ecco cos'è il ricordo. Il ricordo è ciò che , in base alla forma ad esso data , ci può far sentir bene o male , crescere o rimanere piccoli dentro .
Il nostro piccolo grande Paradiso Terrestre

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"La vita del lusso è difficile, ma qualcuno deve pur farla!" Gossip Girl

"Era troppo per crederla vera;così complicata, immensa, insondabile.
E così bella, vista da lontano:
canyon d'ombra e di luce, scoppi di sole sulle facciate in cristallo,
e il crepuscolo rosa che incorona i grattacieli come ombre senza sfondo
drappeggiate su potenti abissi." New York *^*

Andiamo al cinema perchè vogliamo vedere le favole. Una regina addormentata, svegliata dal bacio del suo vero amore.
Amanti separati che tornano insieme. Purtroppo la vita non è una favola e il lieto fine è più unico che raro. Nella vita reale la regina diventa una tiranna, incita i suoi sudditi alla guerra. Ecco perchè abbiamo bisogno dei film. Per ricordarci che nonostante tutto, l'amore può sempre sbocciare nei posti più improbabili e che qualche volta anche le favole possono diventare realtà. -Gossip Girl.


I<3
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Questo è Gossip Girl
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Kingdom Hearts

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#10 Guest_lilium’ _*

Guest_lilium’ _*
  • Ospiti

Inviato 22 September 2012 - 21:21

Entro quando possiamo consegnare precisamente?
Entro le 23:59 del 24?


Nulla cambierà nel mondo, con te.*
In un'epoca lontana, al tempo degli Dèi,
vi fu la genesi della stirpe umana.


#11 Guest_noyé _*

Guest_noyé _*
  • Ospiti

Inviato 22 September 2012 - 21:30

Sì, mezzanotte del 24.



#12 Guest_noyé _*

Guest_noyé _*
  • Ospiti

Inviato 22 September 2012 - 22:54

CITAZIONE (Tommy VIP'S @ 22/9/2012, 17:52) 
Ehm io avrei finito ma ho sforato di un po' il limite di parole, il mio racconto è di 3669 parole. Lo prendete lo stesso se lo pubblico o devo accorciarlo?

Arriva a 3600 u_u



#13 Guest_roxas977 _*

Guest_roxas977 _*
  • Ospiti

Inviato 24 September 2012 - 00:28

Dannazzione ho scoperto solo adesso questo contest peccato perchè volevo partecipare....vabè sarà per la prossima volta. :qwe:



#14 Guest_pure white _*

Guest_pure white _*
  • Ospiti

Inviato 24 September 2012 - 05:34

Autore: pure white
Titolo: OBLIO
Rating: Giallo~Verde
(presenza di linguaggio inopportuno, riferimenti a sostanze stupefacenti)
Parole: 1113
Caratteri: 6685
Breve Riassunto: « È dimenticando i ricordi che le persone riescono a vivere.
Ma vi sono cose che non si devono assolutamente dimenticare. »



Oblio? Cosa vuol dire?
È una parola a lungo dimenticata... e guarda come è ironico il destino: vuol dire ‘Dimenticanza’.
E perché uno dovrebbe dimenticare le cose?
Perché un tempo l’uomo era libero.

OBLIO

o-blì-o, s.m. ~ Dimenticanza (con un accentuato senso di abbandono del pensiero, ma anche dei sentimenti e degli affetti).



Siamo in un futuro molto remoto, dove l’Uomo coesiste simbionticamente con la Macchina.
Un mondo dove i bambini non vanno a scuola, dove non ci sono più libri, dove non esiste Memoria.

Nel 2498, scienziati di fama mondiale si riunirono per creare il primo Chip sottocutaneo ad Apprendimento Rapito, noto come ME.MO.: grazie ad esso, i dati studiati dall’individuo venivano registrati ed immagazzinati nel Drive, dove poi potevano essere rielaborati ed estrapolati da quel soggetto.

I primi Test su soggetti Umani furono un successo, bastavano pochi Gigabyte per far sì che un uomo comune imparasse alla perfezione una lingua straniera, la storia di un paese, le opere di grandi filosofi e scienziati o una tecnica di combattimento e strategie di guerra.

Dopo un secolo e mezzo, il ME.MO. era già stato superato, dopo sei divenne tecnologia antica e catalogata come obsoleta. Non siamo molto lontani, da quei tempi.

I nuovi Impianti Neurali funzionano esattamente come un Data Storage, un guscio vuoto in attesa di essere riempito di informazioni. Ma come ogni hard Disk, quando lo spazio finisce, la conoscenza termina.
Vi fu la corsa agli ampliamenti, ma nessuno mai riuscì ad ottenere quella che viene definita come Eterna Conoscenza.

L’uomo viveva prigioniero delle gesta dei suoi simili, costretto ad apprendere, a ricordare storia, filosofia, guerre combattute in nome di un vecchio ed annoiato Dio contro uno scalzonato ed intraprendente Satana.

Forse fu proprio questa sete di conoscenza, la causa dello scoppio di altre tre guerre mondiali e dell’ingente –e sempre crescente– numero di suicidi a livello globale.

Questo Flusso di Dati aveva corrotto le loro menti, i loro affetti, i loro sogni, le loro aspirazioni e quanto di più prezioso essi avessero: i loro ricordi.

Molti si affidarono a dei Trafficanti di Informazioni, Hacker, adepti del dio denaro, pronti a vendere falsi ricordi ai migliori offerenti. Basta un Reset, una formattazione completa con successivo reinserimento. Un Taglia-Incolla di ricordi e di informazioni legate ad essi.

Io non sono come loro.
Sono l’esatto opposto.

Cercavo di dimenticare, invano, tutti i miei peccati. I casini che avevo combinato, la cazzate a cui non sono mai riuscito a porre rimedio, i tentativi di suicidio falliti, gli insuccessi a scuola, in amore, nella "vita reale".
Non riuscivo a perdonare me stesso per quello che ero.
Volevo e dovevo cancellare tutti gli errori, tutti i ricordi legati alla mia vita precedente e a lei.
La verità, mi ripetevo, era che bevevo per dimenticare.
Ma la verità era che più bevevo, più il mio fegato assorbiva il dionisiaco nettare, più la mia mente si faceva annebbiata, più lei mi ritornava in mente.
I suoi capelli color dell’oro che mi accarezzavano il viso.
I suoi occhi smeraldini nei quali mi specchiavo con timore, il suo sorriso che anni addietro mi conquistò il cuore.
Volevo dimenticare le sue labbra e le mie bugie.
Ma l’alcool non bastava.

Pagai un Hacker. Era un amico, o meglio, un amico di un amico… gente strana insomma.
Mi dissero che era anche lui un Nietzschiano, uno come me: una persona che nonostante la Mole di Dati conservava i suoi ricordi, le sue idee e i suoi valori morali.
Uno Umano, Troppo Umano.

Mi costò una fortuna.
Il Prezzo da pagare per una pace perpetua.
Fratello…” iniziò “Sei sicuro? Non sarai più lo stesso dopo che questo affare ti avrà spento il cervello, potresti rimanerci sotto, potrebbe succedere qualche casino...
Non risposi.
Quello mi guardò preoccupato.
Cos’è,” risposi “hai dei rimorsi?” gli chiesi ironico.
Be’, vedi, non è che mi capita tutti i giorni di cancellare i ricordi a qualcuno… Bello, non capisco perché vuoi cancellare tutta questa gran figata.” Disse sondandomi la memoria con uno Scanner Neurale.
Erano quelli i miei ricordi.

Quegli occhi verdissimi e quei capelli così lucenti da poterti abbagliare.
Quel suo vestito rosso, così elegante e provocante allo stesso tempo.
Quel suo modo di fare, sempre gentile con tutti, anche quando la trattavano male.
Se stai male bevi, tira su di coca, fatti una canna, guarda qua, vendo pure LSD: se ti serve un po’ di roba basta che chiedi… ma io proprio non ti capisco.
Neanch’io.” Risposi. Iniziavo a provare nostalgia, di lei e di me, quando ero con lei.

Vi fu un attimo di silenzio. Sembrava che anche i macchinari avessero trattenuto il loro cibernetico respiro.

Fratello… questi sono i tuoi soldi, mi sono tenuto il 50% e questi sono cinquanta grammi di erbetta fresca fresca, ma ora sloggia. Non ti voglio più vedere. Fumatela, facci torte, distillala, vendila, puliscitici il culo… facci quel che vuoi. C’è gente lì fuori che morirebbe solo per avere un centesimo di quello che hai te qui dentro. Provi sentimenti ancora troppo umani dove molti di noi e molti di loro sono assuefatti da questa idea. Quanti anni hai? Ventitré? Ventisei? Vieni qui tra quarant’anni e ne riparliamo, forse allora qualcuno ti ascolterà e ti strapperà via da quel cranio bacato i tuoi fottutissimi ricordi, ma non prima di allora.
Sei triste? Pensa ai ricordi felici. Non dirmi che non ne hai che ti piazzo un proiettile in fronte.

Lo guardai interrogativo, cercando di capire chi di noi due avesse sbagliato.
Non guardarmi con quegli occhi da pesce lesso. La vita non tutta rose e fiori!

Me ne tornai a casa, con quel sacchettino in tasca.
La gente per le strade era tutta uguale, si scambiava informazioni, in un persistente brulicare, un bisbiglio fastidioso.


Poggiai le chiavi sul tavolo della cucina e mi sedetti per terra, appoggiato letto, nel mio monolocale, in silenzio. Ero solo io, i miei pensieri e il gatto, che si avvicinò a me, facendomi le fusa.
Lo carezzai e quello, allegro, ricambiò, strusciandosi sulle mie gambe.

Pensa ai ricordi felici.

Frugai in tasca, alla ricerca del Verde Sollievo.
Ne presi un po’ ed iniziai a spezzettarla con le dita.
Presi dal cassetto del comodino cartine e filtri ed iniziai a girarmi quel proiettile di longilinea quiete.
L’accesi e con il primo tiro la stanza si riempì di fumo.
Più fumavo, più i ricordi si facevano sfumati, indistinti, confusi.
E ridevo, un riso incontrollato, sincero.

Un vecchio saggio disse: "È dimenticando i ricordi che le persone riescono a vivere.
Ma vi sono cose che non si devono assolutamente dimenticare.
"

Solo ora capisco cosa intendesse dire.


syqjrd



#15 Guest_ciel _*

Guest_ciel _*
  • Ospiti

Inviato 24 September 2012 - 20:32

Ricordo agli ultimi partecipanti che il topic verrà chiuso
a mezzanotte. Ricordatevi di consegnare i vostro lavori.




#16 Guest_lilium’ _*

Guest_lilium’ _*
  • Ospiti

Inviato 25 September 2012 - 01:23

Il mio è pronto: lo imposto in HTML e lo posto.


Nulla cambierà nel mondo, con te.*
In un'epoca lontana, al tempo degli Dèi,
vi fu la genesi della stirpe umana.


#17 Guest_lacrimiscoccinis _*

Guest_lacrimiscoccinis _*
  • Ospiti

Inviato 25 September 2012 - 02:50

CITAZIONE
Titolo: Abbracciami, anima sperduta.
Autore: lacrimiscoccinis
Genere: Surreale, Introspettivo.
Rating: Giallo
Avvertimenti: //
Word Counter: 2.070

Il nero cosmico lo circondava, confondendolo. Errava senza avere una meta, non preoccupandosi dell’ineluttabile scorrere del tempo. Non riusciva a riconoscersi: analizzò attentamente la propria figura, notando che fosse completamente ricoperta di una fioca luce eterea.
La sua lucentezza armonizzava la massa caotica oscura che inghiottiva ogni speranza, ogni possibilità di riemergere dalle tenebre.
Continuò ad avanzare, ignaro di ciò che gli potesse accadere.
Non sapeva come fosse riuscito a raggiungere quel luogo, ma non gli importava, avevo tempo a sufficienza per esplorarlo e comprendere. Ricordava una vaga sensazione di mancanza di respiro, come se una qualche forza ultraterrena gli avesse strappato l’anima e lo avesse portato in luoghi mai esplorati , lontano dalla sua casa.
In fondo, neanche lui sapeva cosa fosse, dove si trovasse e il motivo per cui fosse lì.
Il paesaggio circostante cominciò a mutare: l’aria lo accarezzava, riuscendo quasi a sollevarlo, il nero angosciante venne costellato da spirali multiforme e variopinte, riuscendo a vincere la straziante monotonia dettata dall’oscurità assoluta. Davanti ai suoi occhi, un meraviglioso gioco di luci e scoppiettii fece apparire una scia luminosa che tracciava un sentiero, che conduceva verso un’imponente costruzione. Ma, sparito l’inquietante globo oscuro che lo circondava, la fitta nebbia iniziò ad annebbiargli la vista, seppellendo l’inebriante gioia che lo pervase sotto un macigno grigio scuro
La cupidigia nascosta nella nebbia, desiderosa di farlo sparire nelle sue brame, veniva schernita dalla forte luce emanata dalla figura che continuava ad avanzare, incurante di ogni pericolo.
La sua temerarietà venne premiata e ben presto si ritrovò lo sguardo fisso rivolto verso un maestoso portone di piombo nero pece, che sbarrava l’entrata di un altrettanto grandioso castello.
Indietreggiò di qualche passo per ammirarlo meglio. Alzò lo sguardo e ne scrutò le minuzie.
Seppur in cielo ci fossero solamente poche fonti di luce, l’intero edificio rifletteva una luce cristallina, che lo rassicurò. Due torrioni posti ai lati delimitavano la sua immensità e una torre centrale si innalzava fiera, quasi a voler sfidare l’infinità del caos.
Ritornò davanti alla porta, sulla quale però non aveva notato un’incisione. La lesse, e, dopo aver compreso cosa ci fosse scritto, pronunciò a gran voce tali parole: << Per recuperare ciò che ho perduto, mi spoglio della luce e assumo la mia vera forma!>>. La voce echeggiò nel vuoto, amplificando notevolmente il suo flebile tono, che lo stupì.
Il bagliore che lo aveva accompagnato fino a quel momento si trasformò in una sfera lucente, che si scontrò repentinamente contro il piombo. Le venature del portone si riempirono di luce .
Con un tonfo, esso si aprì e accolse la figura al suo interno.
Una strabiliante composizione di colonne e capitelli lo fece rimanere attonito, incominciando a nutrire dei dubbi sulla realtà in cui si trovasse.
Rinsavì, ponendo la sua attenzione sulla richiesta esaudita precedentemente. Se avesse rinunciato alla protezione della luce, avrebbe assunto la sua vera forma. Ma qual era tale forma?
Le sue membra avevano acquistato consistenza, andando via via ad assomigliare ad un essere umano. Infatti, dopo pochi attimi, sentì il greve scorrere degli anni, prendendo le sembianze di un adulto anziano. Nonostante ciò, si muoveva perfettamente, quasi volteggiando a ritmo di una placida melodia.
Nebulosi pensieri fecero breccia nella sua mente proiettando immagini altrettanto confuse sul pavimento, che si susseguirono velocemente. Una volta finito, sulle pareti laterali della sala in cui si trovava, si materializzarono quattro porte, rispettivamente due a destra e due a sinistra, ognuna caratterizzata da un colore diverso. Apparvero inoltre quattro percorsi, ciascuno indirizzato verso una delle porte.
Non gli erano mai piaciute le scelte. Si era trovato molto spesso a dover fronteggiare un bivio, due possibilità. Ma questa volta risultava essere una scelta ancor più ardua.
Non poteva lontanamente immaginare di cosa si trattasse, pertanto decise di annullare qualsiasi tipo di pensiero e di scegliere del tutto casualmente.
Optò per il primo sentiero sulla destra, che lo condusse verso la porta intagliata in legno ornata da particolari ghirigori con sfumature dorate e verdi; si trovava al centro una vetrata trasparente sulla quale vi era rappresentato Kronos, il dio del tempo.
Fece per aprire la porta, ma venne respinto da una folata d’aria.
Una voce armoniosa proveniente dal nulla gli annunciò: <<La condizione fondamentale per ricordare è dimenticare.>>
A primo impatto l’anziano signore non riuscì a comprendere il profondo significato celato dietro quelle parole, perciò avanzò nuovamente, tentando di aprire la porta che gli era innanzi.
Questa volta si aprì. Si ritrovò in una stanza alquanto curiosa, sulle cui pareti verde bosco vi erano centinaia di orologi. Sui quadranti di ciascuno di essi venivano proiettati frangenti di vita di un bambino e di un ragazzino e le lancette scorrevano velocissime.
Nessuna di quelle immagini gli rievocava qualcosa di preciso alla mente, solamente immagini dispersive e prive di alcun significato.
Si accorse poi di un orologio a pendolo che giaceva solitario nel mezzo della stanza. Le sue lancette erano ferme e il vuoto dominava nel quadrante. Lo incuriosì, perciò si avvicinò e lo tastò.
La mani, infine, allinearono le lancette allo zenit e iniziarono a girare vorticosamente. Un rintocco fece vibrare le interiora dell’anziano. Gli orologi appesi alla parete si svuotarono e le immagini confluirono tutte nello stesso punto: la sua testa.
Lettere di fuoco gli apparvero innanzi agli occhi che si disposero in modo tale da formare il suo nome: Sergej.
I momenti della sua vita gli passarono davanti agli occhi, ma si interruppero bruscamente al suo quindicesimo compleanno.
La stanza degli orologi svanì. Si ritrovò al centro della sala principale. E così il sentiero precedentemente intrapreso si smaterializzò, lasciando il vuoto. La porta si sbarrò e si tinse di nero.
Sergej non poté evitare di notare che qualcosa fosse andato storto. Paradossalmente, ricordava di aver varcato una porta, ma non ricordava affatto ciò che ci fosse al suo interno e cosa successe.
La confusione, che all’inizio del viaggi lo aveva angosciato, si rifece viva.
Qualcosa era successo lì dentro, ma non aveva alcuna memoria. Gli vennero in mente solamente sei lettere, che probabilmente componevano il suo nome.
Notò anche un’altra cosa : il suo corpo era totalmente cambiato; la pelle più giovane, la mani meno rachitiche. Aveva assunto le sembianza del sé stesso quindicenne.
Si accovacciò e portò le ginocchia al petto. Non sapeva come procedere, se non avanzare porta per porta.
Era una punizione quella che stava vivendo?
Tuttavia, voleva saperne di più, perciò si alzò e decise di intraprendere il secondo sentiero sulla destra. Questo lo condusse davanti ad una porta ricoperta di carta, un tipo di carta particolarmente ruvida. Protese la mano verso il pomello in mogano e di nuovo la voce si ripresentò: <<La condizione fondamentale per ricordare è dimenticare.>>
Questa volta, però, Sergej non si addentrò, ma rimase a riflettere sul senso di quella frase.
Sembrava quasi un controsenso: il pegno per recuperare i ricordi era dimenticare. Tutto ciò celava una lacerante solitudine. La forza dei ricordi, per quanto avesse constatato , risultava essere più forte dell’atto di rimuovere ogni traccia di memoria, perché riusciva, nella sua mente, a visualizzare immagine non del tutto nitide di ciò che, molto probabilmente, aveva visto nella porta aperta in precedenza.
Ponendo tutta la sua fiducia sulla conclusione a cui era arrivato, spinse la porta ed entrò.
La vista si dovette prima abituare alla mancanza di luce nella stanza. Vi era solamente una poltrona cremisi consunta al centro della stanza, che era illuminata da una lampada che richiamava un’epoca ormai lontana. Ed era proprio questa ad illuminare minimamente l’intera stanza.
Tutto il perimetro era circondato da una libreria colma di ogni tipo di volume. Ciascuno dei libri possedeva un dorso di colore diverso, il che creava un gradevole effetto visivo. Doveva esserci sotto un qualche tipo di catalogazione, ma Sergej non si preoccupò di scoprirla.
Alcuni di quei titoli gli sembravano familiari, così si avvicinò ad uno degli scaffali che componevano la libreria e ne estrasse un volume.
Era anonimo. Le pagine immacolate.
Notò, prendendo un altro libro, che anch’esso fosse completamente bianco, privo di qualunque traccia d’inchiostro.
Un po’ amareggiato, si sedette sulla poltrona e rimuginò sulla stranezza appena constatata. Non riusciva ad arrivare a nessuna conclusione plausibile, sebbene nulla di quello che gli stava accadendo avesse un senso paragonabile alla logica.
Stufo di quella situazione, urlò accidentalmente: <<Voglio una risposta!>>.
A queste parole, il libro che racchiudeva tra le mani, e tanti altri volumi riposti nella libreria, si innalzarono e si mossero a ritmo di una curiosa danza. Sergej si ritrovò improvvisamente avvolto in una spirale di carta, che pian piano si dipingeva d’inchiostro, dando vita a parole.
Lettere che avevano una voce e che gli stavano comunicando qualcosa. Le stesse parole lo trasportarono in mondi differenti, popolati da un’altrettanta varietà di creature. Gli parve di sfiorare la criniera di un cavallo, di udire la voce di un elfo e di sentire le urla disperate di una vittima di omicidio.
Contemporaneamente, gli vennero mostrare ulteriori immagini della sua vita, le quali lo mostravano come uno studente diligente che si era diplomato e laureato con ottimi voti. Sorrise al pensiero di aver vissuto una così serena adolescenza.
Si ripeterono gli eventi allo stesso modo: la stanza svanì con un forte bagliore e si ritrovò al centro della sala principale. La porta venne inghiottita dalle tenebre. Anche i ricordi svanirono, ma Sergej sentiva di possedere una conoscenza quasi illimitata.
Ora il suo corpo mutò ancora, ribollendo, assumendo le sembianza di un adulto nel fior fiore dei suoi anni.
Casualmente, egli volse lo sguardo verso l’alto e notò delle crepe partire dal soffitto fino ad arrivare alle due porte, che erano già state esplorate, spaccandole a metà.
Doveva trovare il modo di uscire, al più presto.
Gli rimaneva l’ultima scelta da fare: la porta bianca e nera e la porta rovinata da decine di fori.
Entrambe erano a sinistra, ma decise di percorrere il sentiero che conduceva alla seconda delle due.
Il rito della voce si ripeté. Sergej questa volta la ignorò e aprì direttamente la porta.
Una pallottola gli trapassò il cuore e si accasciò al suolo. Udì un impercettibile squittio vicino alle sue orecchie e una forte puzza di marcio.
Si ritrovò sulle scale e, con grande stupore, vide che la sala principale stava andando a pezzi, venendo risucchiata in un buco nero.
L’ansia gli annebbiò i sensi tanto da non accorgersi di essere diventato nuovamente una creatura eterea protetta da uno strato luminoso. Il vuoto invase la parte del suo corpo nella quale precedentemente vi era il suo cuore, ma non aveva il tempo materiale per pensarci.
Ora anche le scale si stavano sgretolando. Corse, saltando due gradini alla volta, sperando di evitare una fine ormai quasi certa.
Il respiro si andava via via rarefacendo. Non sapeva dove quelle scale conducessero di preciso, ma non aveva altra scelta. L’unica informazione in suo possesso consisteva nel sapere che si stesse dirigendo verso la sommità della torre centrale.
Aumentò il passo, correndo sempre più velocemente. Riusciva a scorgere un gran portone dorato.
Accorciò di gran lunga la distanza e riuscì a spalancare con una sola spallata l’ultimo ostacolo.
In quella stanza regnava la quiete assoluta: nulla di ciò che gli era attorno era macchiato da alcun color, e ciò gli infondeva un gran senso di quiete. Vi era solamente una grande vetrata coperta da una tenda color panna a separarlo dal caos che regnava fuori.
Poteva ancora sentire lo sgretolarsi delle scale cristalline e un brivido gli percorse la schiena.
<<Hai oltrepassato l’ultima porta, Sergej.>> La voce squillante gli fece fischiare le orecchie, facendogli chiudere gli occhi dal dolore. Una figura, sul cui volto parve esserci solamente una bocca, gli si parò innanzi, non appena riaprì gli occhi
Sergej indietreggiò, sgomento.
<<Ti sarai ripetutamente posto numerose domande sul perché di tutto ciò, immagino. Ma, soprattutto, suppongo ti sia interrogato sul significato della frase che mi sentivi dire ogni qualvolta tentavi di aprire una delle porte.
Ebbene, l’unico modo per comprenderla a pieno è ritornare alla realtà
>>.
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Pioveva su quelle lapidi fredde, e solo una persona era rimasta a fargli compagnia.
Era una figura minuta, vestita completamente di nero, le cui lacrime calde gli rigarono il viso.
Con le sue dita bagnate da quelle gocce, seguì l’incisione sul marmo: Sergej Semyonov
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<<Io sono la solitudine, mio caro. Sarai confinato in questa stanza per l’eternità.>>
Scoprì le grande vetrata, mise una mano su di essa e contemplò lo spazio infinito.
La solitudine.

#18 Guest_lilium’ _*

Guest_lilium’ _*
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Inviato 25 September 2012 - 03:31




CITAZIONE
Titolo: Automatic Teller
Autore: lilium'
Genere: Surreale, Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: //
Word Counter: 1.740

Automatic Teller
io ti racconto una storia, tu raccontane una al mondo




Nessuno lo vedeva uscire. E nessuno lo vedeva entrare.
Eppure lui c’era, sempre; era sempre lì, ma era sempre altrove. Ovunque! Dico, ovunque nel mondo ormai si conosceva tutto di lui, quando era lui che conosceva davvero tutto degli altri.
Una scritta sbiadita impressa sul lato destro, quattro pareti miste a ferraglia per uno scatolone al bordo di un minuscolo pianeta sperduto nello spazio siderale; anzi: al bordo di un’unica strada che, probabilmente, continuava all’infinito o s’attorcigliava intorno al mondo. Sebbene quella scatola fosse sempre stata lì, si poteva davvero pensare che avesse fatto il giro del mondo. Ma chi? Dove? Una scatola che si muove – che parla? Che racconta, più precisamente.

Alternava i suoi momenti di silenzio a quelli in cui la sua voce bassa e robotica, la quale puntualmente s’inceppava, superata da disturbi di frequenza, spiegava al mondo di tutto tranne che di sé.
Nessuno in realtà la capiva: un tubo che usciva dalla parete destra, che a sua volta lasciava penzolare fili in cui si riversava tutta la potenza elettrica della propria esistenza, un foglietto con appunti incomprensibili, innumerevoli pulsanti dalle tinte brillanti, una struttura in metallo a metà tra un timone e uno di quei dischi di plastica usati nei telefoni d’una volta… è che non si sapeva da quanto fosse lì, o se ci fosse sempre stata; la gente, poi, si chiedeva anche se ci fosse sempre stato lui là, in quella scatola. E me lo chied(ev)o anch’io. Ogni giorno, da quel giorno.

Lui era lì dentro, immobile, così come i suoi occhi fermi, il suo respiro serrato, il suo naso triangolare, le sue mani raccolte in segno di meditazione: quando parlava non v’era ombra di un movimento, nonostante ci si aspettasse che per una storia grande vi fossero parole altrettanto grandi da fare quasi fatica ad uscire dalla bocca.

Lo stupore che balenava nel volto degli uomini che la vedevano per la prima, seconda, o anche centesima volta non cambiava mai, nonostante si stesse parlando di un disegno slavato, vecchio; era una sfida col tempo: non cambiava, ma cresceva! Soprattutto quando nel buio di quella stanzina di un metro quadro, in cui dimorava l’uomo – o qualunque altra cosa egli fosse – più stanco del mondo, si verificava un fenomeno strano che attirava addirittura la fauna tutt’intorno – anche se di fauna non ce n’era nello spazio aperto –, e tutti gli occhi dei bambini non riflettevano più le scintille dei suoi tubi lasciati alla dimenticanza, ma osservavano con attenzione quell’evento che nasceva sulla scia della caducità – nonostante i bambini, effettivamente, non ci fossero –.
Dei tonfi leggeri, un rumore metallico, della carta che scendeva giù attraverso una tela bucata: alla fine di ogni storia che l’Automatic Teller raccontava, veniva rilasciato un foglio di colore bianco a forma di uccellino.
Perché doveva volare lontano.
“Io ti racconto una storia, tu raccontane una al mondo” – le uniche istruzioni impresse sulla ricevuta, oltre alla storia (o non-storia) della tua vita.
Era un rito: funzionava così e non potevi farci nulla.

Una macchina sperduta in una porzione d’universo non meglio identificata, un automa che parlava ad ogni persona della Terra, nonostante questa fosse lontana anni luce, che registrava ciò che proferiva su biglietti indirizzati ad ogni uomo di quel pianeta rotondo, blu, verde, difeso da colonne di nuvole sparse. Non c’era spiegazione al come e al perché producesse tutta quella carta, da dove la tirasse fuori; si sapeva solo che questa usciva e raggiungeva il destino d’ogni persona – che era il destino di ogni persona.

La voce di quel macchinario, che da sempre si ripeteva rimbalzando tra i corpi celesti e nascondendosi nei più profondi pertugi dell’universo, venne intercettata da un curioso viaggiatore dello spazio – e lui, semplicemente, accettò l’invito. Con grande sorpresa, su un minuscolo pianeta dal terreno gabbrico, l’attendeva l’Automatic Teller. Così c’era scritto sul lato destro dello scatolone di ferraglia, per metà nuova per metà arrugginita.

Egli avrebbe potuto giurarlo con la mano sul cuore, anzi, sul fuoco stesso! Eppure nessuno, dopo il suo ritorno sulla Terra, gli avrebbe creduto. Ma lui continuava a ribadirlo: c’è una macchina speciale, lì, da qualche parte, che ci parla di noi e ci conosce tutti meglio di noi stessi. Io l’ho vista.
Mi ha parlato di tante storie e io, come un bambino, ero lì seduto ad ascoltarla, a farci amicizia.
Prima le raccontava ad alta voce poi, una volta concluse, le imprimeva su un foglio di carta a forma di uccellino e queste, lo giuro, queste prendevano il volo e si dirigevano verso l’attore che le avrebbe recitate.
Quel copione era il più grande ed il più bello, ogni volta. Non sapevo decidere quali erano le storie migliori: ah, quanti ricordi! Quanti non-ricordi!

Tutte le storie di ogni persona si muovevano nella sua testa come miliardi di formiche, ed ognuna di queste gli scaricava addosso un brivido che percorreva tutto il corpo: tremava, sorrideva, si mordeva le labbra e pensava a quanto ogni vita sulla Terra fosse straordinaria ed irripetibile. Straordinariamente irripetibile.
Ricorderà per sempre il nome della signora che, a qualche giorno dal suo ritorno sulla Terra, avrebbe vinto al superenalotto; eppure era troppo emozionato per ricordare i numeri. La frenesia era il placido lago in cui lui si tuffava ancora e ancora, esattamente come si immergeva in quelle storie; un’apnea che avrebbe cancellato ogni cognizione del tempo e delle percezioni: se avesse potuto, sarebbe rimasto lì inconsapevole fino alla vecchiaia, tra un sorriso e una lacrima che quelle storie gli strappavano.
Tra le più buffe, ma più meravigliose, v’era ad esempio la storia del salto al centro del mondo.
In un futuro prossimo la società avrebbe radunato quante più persone in un unico punto della Terra, poi avrebbe detto “saltate”. E loro, con le facce più buffe, sarebbero rimaste sospese in aria, poi sarebbero cadute. Alcuni dall’altra parte del mondo avrebbero giurato d’aver sentito la scossa!

Tuttavia, talvolta, gli uccellini di carta prendevano una rotta diversa: volavano piano, galleggiavano in quel mare dell’universo, lentamente, dove non v’era una riva o un posto dove attraccare, ma solo maree che gestivano un unico, grande eterno flusso. In quel mare attendevano l’arrivo di un pianeta che, puntualmente, le attirava con la propria forza di gravità: cos’avevano di diverso? Quelle erano le non scelte.
I ricordi che ogni persona non avrebbe avuto, quella porzione di destino incompiuta e sconosciuta che ogni uomo avrebbe lasciato alle proprie spalle. Un sistema fine a se stesso, per un moto che pareva sempiterno.

Con grande sorpresa, su quel pianeta che raccoglieva il non-destino di ogni uomo, lui avrebbe raccolto il suo uccellino di carta, il quale raccontava di ogni brandello di memoria che aveva finora ignorato e non conservato, e l’avrebbe allora vivisezionato. Poi avrebbe pianto le sue lacrime più amare. E andò esattamente così; fu l’Automatic Teller, in un giorno tra gli infiniti che aveva vissuto, a raccontarlo e scriverlo: se avesse scelto di entrare in quel bar, quel 25 di settembre, ogni mattino seguente si sarebbe svegliato sotto delle lenzuola sfatte ma accoglienti, con affianco la donna della sua vita, e ad attenderlo nella pancia di questa ci sarebbe stata sua figlia. Con lei, con Meringa, egli avrebbe cucinato dolci per tutta la sua infanzia, avrebbero entrambi impiastricciato le mani nella felicità candida e bianca come la farina, e sarebbero stati insieme per sempre, ma soprattutto felici.

Aveva bisogno di conoscere di più – su se stesso, sulla macchina, sul perché – ma quello era un perché che non è dato sapere. Decise quindi che voleva ricordare.
Portò con sé il suo uccellino, il quale a sua volta raccoglieva in sé le non-storie della vita dell’uomo, e a grandi passi tornò per l’ultima volta a deliziarsi con le storie dell’Automatic Teller. Almeno, finché il suo ossigeno poteva permetterglielo. Lesse di nuovo le istruzioni sull’uccello di carta: “Io ti racconto una storia, tu raccontane una al mondo”.
Per ricordare, così, iniziò a disegnare, a dispetto della fallacità della mente e delle proprie memorie.
Una dolce storia l’accompagnava mente la sua mano imprimeva le storie di tutto il mondo in un disegno: l’Automatic Teller.
Fissò quella macchina almeno altre cento volte prima di dirle davvero “addio”.
Poi lo disse. Strinse il suo disegno (di vita) e disse “Addio”.



Se eri fortunato potevi vederlo: per le strade di tutte le città s’aggirava un uomo strano, col cappuccio, col sorriso compiaciuto e con uno sguardo estatico. Nessuno lo vedeva uscire dal suo mondo. E nessuno lo vedeva entrare. Era sospeso a metà, era una lancetta che puntava alle sei ma anche a mezzogiorno.
Egli portava tra le mani miliardi e miliardi di fogli totalmente identici, ma ognuno di questi era semplicemente il disegno di una macchina; se guardavi bene potevi leggere “Automatic Teller” sulla parete destra.

Voi, che siete viaggiatori, che vivete delle storie irripetibilmente straordinarie e straordinariamente irripetibili: se mai vi capitasse di vedere un insieme di pezzi di ferro che vaga senza meta nello spazio, che canta le storie del mondo, prego, avvicinatevi, deliziatevi anche col più piccolo dettaglio che l’Automatic Teller vorrà proporvi! Sono sicuro che anche lui avrà bisogno di qualcuno che, di tanto in tanto, si sieda vicino a lui – e che, ascoltandolo, si commuova...

Ogni palo di ogni città, ogni vetrina, ogni uomo: ormai tutti conoscevano quel disegno. Qualcuno poteva addirittura recitare a memoria l’appello impresso sotto di esso, che quell’uomo urlava silenziosamente - quotidianamente - per le strade di tutta la Terra.
Era un rito: funzionava così e non potevi farci nulla.

Così, ogni mattina di ogni giorno, quando gli uccelli cantavano, se eri fortunato potevi vederlo: egli s’alzava dal letto con un’unica meta in testa: il mondo; allora appendeva ovunque quell’illustrazione, piena di nostalgia, l’avrebbe fatto fino alla morte – sorridendo (anche la persona più miope poteva vedere il suo sorriso, che fosse lontana un metro o cento chilometri!); gli piaceva sentirsi vivo così, appendendo le storie di tutti in ogni angolo della Terra, e quando gli uccelli cantavano lui sorrideva ancora, sempre di più, poiché non poteva non pensare che, tra di loro, si stessero raccontando le storie di tutto il mondo.

Edited by lilium’ - 24/9/2012, 23:21


Nulla cambierà nel mondo, con te.*
In un'epoca lontana, al tempo degli Dèi,
vi fu la genesi della stirpe umana.


#19 Guest_ciel _*

Guest_ciel _*
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Inviato 25 September 2012 - 05:00

E' mezzanotte, e tutto va beeeeene!



I risultati nei prossimi giorni :sisi:




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